Riflettendo sull'esito delle urne/Quale ruolo per il Pri nel nuovo Parlamento

Mantenere vivi gli ideali liberaldemocratici

di Widmer Valbonesi

Credo che serva al paese e al nostro partito una seria riflessione, a freddo, sui dati elettorali e sul sistema politico che ne è uscito: se esso rappresenta l'inizio di una terza Repubblica bipolare, tendenzialmente bipartitica, o se invece sentenzia l'immobilismo e l'impotenza sostanziale del moderatismo di governo e il trionfo della protesta, con le conseguenze pericolose che rappresenta, nel momento in cui chiederà di incassare il prezzo del successo elettorale.

La sinistra ha accusato un disastro senza precedenti, sia nella versione movimentista, che forse si è accorta che le mille proteste e i comitati non bastano a dare l'immagine di una società che libera dai bisogni e dalle ingiustizie, sia in quella riformista dove una cultura ideologica, innestata su di un progetto di potere, produce una sintesi politica che non rassicura i moderati. Recupera qualche consenso con Di Pietro, con la solita litania giustizialista antiberlusconiana, distruggendo quel 49,8% prodiano, ma è incapace di essere una vera alternativa riformatrice nel paese. Ci mancherebbe anche che il PD desse vita ad una sorta di Lega federalista del Nord e del Sud, con sindaci sceriffi, intenti a far concorrenza alle ronde padane. Se non si arriverà allo squadrismo, sicuramente vivremo un'altra stagione localistica, come quella che portò alla modifica del capitolo V della Costituzione, che ha destabilizzato i poteri dello stato, con una conflittualità crescente e l'incapacità di decidere su quasi tutta l'attività amministrativa. Sicuramente si produrrebbe una corsa al localismo che frantumerebbe le spese, aumenterebbe le spese inutili e sarebbe un ulteriore piombo sulle ali del sistema produttivo del paese.

Il centrodestra vince ed ha la maggioranza schiacciante sia alla Camera che al Senato, ma il PDL è condizionato in modo determinante dalla Lega di Bossi, che non metterà in crisi il governo come auspica la sinistra, ma sicuramente vorrà portare a casa risultati significativi sul versante del federalismo fiscale, che non è detto sia la ricetta giusta per un paese che deve competere nel mondo, e non rinchiudersi nel localismo padano o in quello meridionale di Lombardo.

Del resto lo stesso Casini forse ha pagato lo scotto di avere così religiosamente caratterizzato l'ipotesi di terza forza, precludendosi una parte dell'elettorato stanco del bipolarismo delle oligarchie, ma non necessariamente devoto al Vaticano.

Affrontare la crisi economica, scongiurare il declino attraverso politiche di competitività, il taglio di istituzioni inutili e costose, l'innovazione e la ricerca, le liberalizzazioni, la defiscalizzazione degli straordinari, l'abolizione dell'ICI, con la sinistra extraparlamentare scatenata nelle piazze e con la Lega localista e protezionista, non sarà molto semplice neppure per Berlusconi e Tremonti.

Non so se le preoccupazioni di Cossiga sul rischio terrorismo, dovuto alla mancanza di rappresentanza politica della sinistra e della destra nel Parlamento, indichino un pericolo reale; quello che è certo è che il tentativo di rinascita della sinistra estrema dovrà fare i conti con le trasformazioni reali del mondo e non servirà riproporre l'utopia comunista con i suoi simboli per rigenerarla.

I mille conflitti parcellizzati esprimono un disagio verso un problema contingente che nel lungo periodo non si può risolvere con i girotondi permanenti o "con la lotta dura senza paura"; perché, anche se venissero risolti, non potrebbero dare l'immagine di una società coesa e con un senso del bene comune .

L'idea che il movimentismo, l'ambientalismo, il corporativismo , il localismo o il giustizialismo di cui si nutrono destra e sinistra sia ricomponibile in un coerente modello di sviluppo competitivo è l'illusione su cui si sono formati i ritardi del nostro paese.

Berlusconi, dopo aver accettato la sfida bipartitica di Veltroni, essersi sbarazzato di Casini ed avere vinto le elezioni, cercherà di imbalsamare Fini alla Presidenza della Camera e di annettere definitivamente AN, ma si accorgerà che la Lega sarà determinante nel negoziare la politica del governo e quindi egli stesso sarà imbalsamato dal sistema politico su cui si è incamminato, a meno che non riprenda un dialogo col PD. Ma questo equivarrebbe a dimostrare la sua debolezza all'elettorato che gli ha dato un mandato largo.

Passare da cartello elettorale a partito comporterà anche per il PDL dover affrontare il problema di congressi, di costituzione di organi democratici e questo metterà in moto un meccanismo di creazione di una nuova classe dirigente, di aspettative, soprattutto in periferia, dove le figure di Berlusconi e Fini non possono attutire diversità storiche evidenti fra un partito strutturato come AN e un partito di diverso conio come Forza Italia.

Questo creerà nuove tensioni, nuovi equilibri da disegnare, che possono ripercuotersi sull'attività di governo. Basteranno l'abolizione dell'ICI, il ponte di Messina, la salvezza di Malpensa a rilanciare stabilmente l'economia? O Berlusconi avrà il coraggio di imboccare la strada delle liberalizzazioni, dei tagli dei costi veri della politica, gli oltre 8000 comuni e le Province, gli enti inutili, ed investire nell'energia nucleare, nella ricerca, nella cultura e nelle infrastrutture che fanno" sistema Paese" e non localismo clientelare?

Forse andrebbe lanciato un progetto federalista a livello europeo capace di stemperare le spinte del localismo, fare emergere un orgoglio nazionale in ambito europeo, e soprattutto attrezzare l'Europa a reggere le sfide politiche e strutturali con gli USA e i paesi come la Cina, in forte sviluppo e tenuta unita politicamente da una feroce dittatura.

Su questi terreni di responsabilità, di concretezza e di atlantismo vero deve attestarsi la scommessa liberal-democratica riformatrice: quella che dovrà vedere il PRI impegnato in un'opera intelligente di confronto a tutto campo per far emergere con chiarezza la gravità della crisi e la necessità che ad affrontare alcuni nodi strutturali sia tutta la classe politica responsabile del Paese. Se questo farà prendere coscienza dell'inadeguatezza del sistema bipolare o bipartitico, tanto di guadagnato per tutti e per l'Italia.

Il nostro deve essere il ruolo di una forza politica che ha cultura di governo. Un ruolo di proposta, di lealtà e di stimolo al governo affinché esprima rigore e volontà di affrontare anche l'impopolarità per garantire un futuro migliore. Occorre un partito che vuole realizzare il disegno strategico della costruzione di una forza liberal-democratica autonoma, alleata ma non sottomessa ad una cultura popolare che non è la nostra.

Occorre partire subito: l'appuntamento delle elezioni europee ci consegna un sistema elettorale che può darci rappresentanza politica autonoma. Occorre dare continuità al convegno di Milano e ricucire le lacerazioni interne che questa competizione elettorale ha prodotto, anche per aver scelto di esserci ancora come repubblicani e per non esserci sciolti nel PDL. Facciamo in modo che questo orgoglioso atto non sia stato inutile.